Città d’arte e manifestazioni culturali
Città d’arte e manifestazioni culturali nelle Marche
Nell’arco dell’anno nelle Marche ci sono numerosi eventi artistici, culturali e folcloristici. Durante la stagione estiva a Pesaro si svolge il Rossini Opera Festival, che rivisita con i più grandi maestri contemporanei tutta l’opera del grande compositore pesarese richiamando appassionati da tutto il mondo. La Mostra Internazionale del Nuovo Cinema, con retrospettive sui registi più originali e famosi e tanti film provenienti da altri paesi, il Festival nazionale d’Arte Drammatica, rassegna teatrale tra le più antiche e affermate in ambito nazionale, le Stagioni di Prosa al Teatro Rossini e quella dei Concerti al Teatro Pedrotti.
La città di Fano, oltre di essere una stazione balneare, è famosa per il suo Carnevale dell’Adriatico, mentre durante la stagione estiva ci sono degli spettacoli teatrali e musicali alla Corte Malatestiana. La Pinacoteca Malatestiana conserva medaglie e monete della Zecca fanese. Al piano nobile si trovano scenografie e dipinti cinquecenteschi di scuola bolognese, veneta e marchigiana (Guercino, Domenichino, Guerrieri, Giaquinto, Lilli) In una saletta attigua polittico di Giambono (1420 ca.) e pala del Santi.




Urbino
La città di Urbino sorge tra le valli dei fiumi Metauro e Foglia da cui si gode un vasto panorama che abbraccia le colline circostanti. La posizione strategica ne favorì il coinvolgimento nelle lotte che caratterizzarono il periodo feudale. Con Antonio da Montefeltro, conte e vicario imperiale di Urbino, iniziò il dominio dei Montefeltro, al quale si deve la rinascita culturale del territorio, che raggiunse il suo massimo splendore artistico con Federico da Montefeltro. Federico ampliò la vecchia dimora medievale, trasformandola da “castello fortificato a città palazzo” I lavori di costruzione vennero eseguiti da Luciano Laurana, da Francesco di Giorgio Martini e da Girolamo Genga. Il Duca Federico da Montefeltro colto ed illuminato, mecenate e condottiero valoroso fece del suo Palazzo la culla dell’arte italiana, chiamando alla sua corte gli artisti più illustri del tempo: Piero della Francesca, Paolo Uccello, Melozzo da Forlì, Giusto di Gand e Pedro Berruguete, scrittori come Baldassarre Castiglione e Pietro Bembo, architetti come Leon Battista Alberti, filosofi, matematici come Luca Pacioli e Paulus von Middelburg, poeti come Bernardo e Torquato Tasso e musicisti come Ottaviano Petrucci da Fossombrone.
Urbino è considerata la città ideale ne Il Principe di Nicolò Macchiavelli, uno dei protagonisti della vita politica italiana del Rinascimento. La città in forma di palazzo divenne la sede elettiva della società elegante e raffinata del Cinquecento, descritta nelle mirabili pagine del Cortegiano di Baldassarre Castiglione. Ai Montefeltro seguirono i Della Rovere che continuarono a radunare attorno a sé musicisti e scenografi, artisti e letterati. La presenza di Tiziano Vecellio e Federico Barocci arricchirono ulteriormente la città. Dal 1631 il territorio passò allo Stato Pontificio fino all’unificazione, avvenuto nel 1860. Urbino ha dato i natali al pittore Raffaello Sanzio (1483-1520), al Papa Clemente XI (1649-1721); al poeta e scrittore Paolo Volponi (1924 – 1994). Urbino è riconosciuta, dal 1998, patrimonio mondiale dall’Unesco.
La città di Urbino propone il Festival della Musica Antica e la Festa del Duca che rievocano la vicenda dei Montefeltro, riportando il centro storico ai fasti del Rinascimento. svolge la Festa del Duca. La festa è annunciata dall’araldo al rullo dei tamburi e per le vie si riversano giullari, buffoni, arcieri e sbandieratori. Una rievocazione storica di episodi della vita delle Signorie da Montefeltro e Della Rovere si svolge attraverso quadri figurati di personaggi che vestono costumi ispirati a dipinti di Raffaello e Piero della Francesca. La festa si conclude con lo svolgimento del Torneo della Cortegiana, durante il quale ogni cavaliere gareggia in onore di una dama della corte. L’abilità del gioco consiste nell’infilare per tre volte di seguito una lancia in un anello dal diametro che si riduce sempre più ad ogni passaggio.
Cagli, una deliziosa città in terra di Marche: siamo nel cuore dell’Appennino marchigiano, nella provincia di Pesaro e Urbino, scrigno delle bellezze del Montefeltro. Cagli e’ citta’ ricca di storia come dimostra il suo nome antico: “Cale”, di origine preromana. vari ritrovamenti archeologici hanno dimostrato la presenza nel suo territorio degli umbri, degli etruschi e quindi dei Galli Senoni, prima che i romani, con la battaglia di Sentino, (295 a. C.); lo conquistassero definitivamente.
Gli itinerari romani indicano un “Cale Vicus” ed una “Mutatio ad Cale” segno di uno sviluppo abitativo e commerciale avvenuto lungo la via consiliare Flaminia fin dalla costruzione di questa importante arteria viaria. Gia’ nel IV secolo Cagli era sede episcopale con Greciano che partecipo’ al Concilio di Rimini (359). Caduto l’impero romano il “vicus” dovette subire le incursioni dei Goti e quindi dei Longobardi. Punto strategico nel corridoio bizantino, il territorio cagliese fu per anni conteso ai Bizantini dagli stessi Longobardi. I cagliesi, intano, rifugiatisi sullo scosceso colle che domina la Flaminia, chiamato “Bandirola”, vi fondarono la citta’ medievale circondata da solide mura. Sul finire del XII secolo si ergeva a Comune grazie al patto stipulato tra il Vescovo Alloderio, il Priore Canonici, l’Abate del Monastero di S. Geronzio e i nobili cittadini. Il Comune fu retto al principio dai Consoli e fin dai primi decenni del XII secolo dai Podesta’.
Cagli

Le lotte trai guelfi e i ghibellini non risparmiarono la citta’ di Cagli e nel 1287, nel corso di un accesissimo scontro armato tra le due fazioni, un incendio la semidistrusse. Due anni dopo, nel 1289, sotto l’egida di Papa Nicolo’ IV, venne traslata e riedificata, a pianta classica, nel piano sottostante, ove attualmente si trova. Dopo alterne vicende, nel 1376 circa, Cagli si diede alla Signoria dei Montefeltro ai quali succederanno, nel corso del XVI secolo, i Della Rovere, sotto i quali si mantenne fino al 1631 quando, con l’estinzione della prestigiosa famiglia, entro’ a far parte dello Stato della Chiesa e vi rimarra’ fino all’unita’ d’Italia (1860).
A Cagli c’è il sontuoso Teatro comunale risalente al 1878 (qui ha debuttato Mario del Monaco), ricoperto di affreschi e decori; la magnifica Basilica Cattedrale risalente al 129; il Torrione, “macchina bellica” costruita nel 1481 fu progettato diFrancesco di Giorgio Martini ideato per il duca Federico da Montefeltro; le diverse Chiese monumentali ricche di affreschi (nella Chiesa di San Domenico ci sono delle opere diGiovanni Santi, padre di Raffaello); il Palazzo Pubblico con il Museo Archeologico, ed altri palazzi monumentali ricchi di sale affrescati.
“I Venerdì di Cagli nel Centro Storico” è un’iniziativa che offre a chi è in vacanza la possibilità di trascorrere una bella serata divertendosi tra spettacoli, artisti di strada, esposizioni di prodotti artigianali nelle vie del centro. Manifestazioni imperdibili per conoscere prodotti artigianali locali, prodotti gastronomici locali e visitare interessanti scorci del centro storico.
VENERDI’ DI CAGLI. Cagli delle Musiche, piazza Matteotti.
Pasqua a Cagli raggiunge livelli particolarmente struggenti durante il giorno del Venerdì Santo, con la processione del Cristo Morto, che è legata alla Confraternita del SS.mo Crocifisso e San Giuseppe eretta nel 1537. La processione del tardo pomeriggio, dopo la deposizione, partendo dal Duomo si conclude di fronte alla chiesa di San Giuseppe con i due gruppi contrapposti dell’Addolorata da un lato e quello del Cristo ai piedi della grande croce tra le statue di San Giovanni Evangelista e la Maddalena. Il simulacro del Cristo viene infatti esposto alla devozione dei fedeli all’interno della chiesa, dopo essere stato adagiato sotto un antico pregevole baldacchino di tessuto nero con i simboli della Passione ricamati con argento filato.
Le pareti della chiesa per l’occasione risultano invece addobbate da dodici stendardi da parata di lino del Seicento. La sera oltre quattrocento confratelli di cinque distinte confraternite cittadine, partendo dalla chiesa di San Giuseppe, danno vita al commovente corteo religioso che precede il carro ove è deposto il Cristo morto. Scalzi, in segno di penitenza, ed incappucciati poiché la carità non ammette alcun esibizionismo, vagano per la città in religioso silenzio o recitando le preghiere solite, accompagnati dal suono mesto di un tamburo, e da scelti brani musicali.
Nel mese di giugno si svolge la processione del Corpus Domini: per ininterrotta consuetudine dal XV secolo la pietà popolare di cittadini e fedeli si esprime con l’infiorata per le vie della città per il passaggio del celebrante che, attorniato dalla Confraternita del Santissimo Sacramento, sotto il baldacchino reca l’ostensorio con la particola benedetta.
Dal sabato precedente la prima domenica di Agosto si svolge il “Palio Storico Giuoco dell’Oca”. Le manifestazioni iniziano la prima domenica con il paliotto per i concorrenti più piccoli, la seconda avrà luogo la rievocazione ufficiale del “Giuoco dell’Oca”. Le manifestazioni si concluderanno a tarda notte nelle taverne di quartiere mangiando squisitezze gastronomiche locali e ballando in allegria.
L’ultimo sabato di Agosto si svolge “Cagli delle Musiche”, “Rassegna musicale nelle piazzette del centro storico” , esibizione contemporanea di brani musicali di vario genere eseguiti da vari gruppi musicali, le manifestazioni si terranno in vie e piazzette del centro storico. La serata si chiuderà tradizionalmente in allegria con concerto finale in piazza Matteotti, davanti allo storico palazzo municipale.

Cantiano (che si trova a ca. 10 km. da Cagli) è famosa per il suo centro storico medievale ed i suoi ponti romani lungo la Via Flaminia. La sera del Venerdi Santo si svolge una manifestazione particolarmente suggestivo, la Turba, una rievocazione storica della Passione di Cristo(Cantiano fa parte dell’ Europassion, l’Associazione Europea che certifica le più prestigiose Sacre Rappresentazioni). La Turba trae origine, anche se non direttamente, da movimenti popolari di invocazione alla pace che si diffusero in terra di Marche ed Umbria intorno alla metà del sec. XIII, portati sulle strade e nelle piazze dalle genti più umili e in condizioni di miseria, sofferenti ed esauste delle continue lotte tra il Papa e Manfredi, del continuo guerreggiare tra guelfi e ghibellini.
Uomini e donne di ogni età si riunirono in processioni ed invocando la santa intercessione della Vergine Madre di Dio, presero a percorrere le strade dell’Umbria spingendosi fino in Romagna. Anche Cantiano accolse in quel anno 1260 la “turba” di pentiti e imploranti di ogni età e condizione che, in povertà di abiti o seminudi, nella luce incerta e tremula delle torce, accompagnati dai canti del “miserere” procedevano nella sofferenza e nella redenzione, battendosi e flagellandosi, implorando il perdono, invocando la pace e la fratellanza. Si formò così la compagnia dei Battuti che, al fine di tramandare la devozione, si rifece nel tempo al supremo esempio di penitenza e sacrificio, la Passione e Morte del Cristo. Nello sviluppo della processione, che con il tempo accolse la figura del Cristo insieme a quelle degli attori nel ruolo dei personaggi, prese corpo la sacra rappresentazione della Passione con la ripetizione delle ritualità, dei personaggi, dei dialoghi, dell’azione. Nacque così, nell’ordine immutabile del Gesù e dei Ladroni, dei Sacerdoti e dei Soldati, la sfilata scenica che ancora oggi per ricordare le antiche origini viene chiamata “Turba”.


Gubbio

Gubbio, situato sul versante del Monte Ingino appena 26 chilometri da Cagli, vanta un bel centro storico: iil Palzzo della Signoria, che ospita le famose Tavole Eugubine, la salita del Monte Ingino, la vista della Valtiberina ed il Teatro Romano del 1° secolo. A Gubbio, il 15 maggio di ogni anno, si svolge un importante evento, la Festa dei Ceri: è tra le più antiche, se non in assoluto la più remota, manifestazione folcloristica italiana. La Festa ebbe ed ha tuttora un ruolo fondamentale per la comunità eugubina che presenta la Festa come solenne atto ispirato a devozione degli eugubini al loro Vescovo Ubaldo Baldassini, dal maggio 1160, anno della sua morte.
Da allora, ogni 15 maggio, giorno della vigilia del lutto, l’offerta devozionale al Santo Patrono divenne un appuntamento fisso per il popolo eugubino, che avrebbe partecipato, in mistica processione, ad una grande “Luminaria” di candelotti di cera, percorrendo le vie della città fino al Monte Ingino (dove dall’11 settembre 1194 riposa il corpo di S. Ubaldo nell’omonima Basilica). I candelotti di cera, offerti dalle corporazioni di Arti e Mestieri, probabilmente divennero nel tempo tanto consistenti da renderne difficoltoso il trasporto e furono sostituiti verso la fine del ‘500 con tre strutture di legno, agili e moderne, che – più volte ricostruite – sono, nella loro forma originaria, arrivate fino ai nostri giorni. Sono rimasti invariati nel tempo anche la data e quasi la totalità del percorso della festa.


Frontone
Frontone, che si trova a poco più di 10 chilometri da Cagli, è celebre per il suo castello imponente che domina la montagna su cui poggia e la campagna circostante. La vista è spettacolare, mentre entro le mura della cittadina ci sono dei ottimi ristoranti con cibi tipici locali.
A soli 19 km da Cagli, in una valle circondata da vigneti, si trova Pergola, una cittadina graziosa, con molti palazzi e chiese (in particolare la Chiesa di San Francesco, fondata dai contemporanei del santo nel 1255 che risale al tempo in cui il la città fu fondata, nel 1234). A Cartoceto di Pergola sono venuti alla luce, nascosti in una fossa, i frammenti di un eccezionale gruppo scultoreo in bronzo dorato. La scultura rappresenta due personaggi maschili a cavallo e due figure femminili, una di grandi proporzioni e nella posa della Pudicitia. Risalgono all’epoca di dell’imperatore Tiberio, regnante dal14 al 37 d.C. e forse raffigurano membri della sua famiglia; le statue potrebbero essere state distrutte quando i due figli di Tiberio furono esiliati. Sono esposte nel nuovo museo di Pergola.
Il tiro con l’arco

per chi già pratica questo sport, oppure per principianti, con possibilità di lezioni di tiro con l’arco durante la vostra vacanza nel nostro agriturismo.
Il tiro con l’arco è uno sport di antiche origini. Diverse, nelle gare nazionali ed internazionali, sono le prove che contraddistinguono questa disciplina. L’arco come strumento di offesa (inteso come arma) ma anche come strumento di caccia, svago e di sport è uno dei primi congegni primitivi evoluti e certamente una tra le invenzioni più originali dell’umanità, che lo ha sviluppato, nelle varie aree del pianeta, in tempi diversi e indipendenti. Si ritiene che la prima raffigurazione di un arco si possa indicare in un graffito di circa trentamila anni fa.
Sicuramente sin dal Paleolitico l’umanità si serviva di questo strumento come sistema di caccia per colpire le prede mantenendosi a distanza di sicurezza. Il tiro con l’arco comparve per la prima volta ai Giochi olimpici del 1900 a Parigi. Escluso dopo il 1920 è stato riammesso a partire dalle Olimpiadi di Monaco di Baviera del1972; da allora è una delle specialità olimpiche che ha portato diverse medaglie agli Azzurri. In Italia il tiro con l’arco fu a lungo considerato poco più di un passatempo per ragazzi; iniziò ad essere praticato come sport negli Anni Trenta, sotto il regime fascista: questa era infatti la disciplina riservata alle “Giovani Italiane”. Fu organizzato anche un campionato femminile promosso dall’Accademia di Educazione Fisica di Orvieto. Nel 1956 a Treviso prese forma la prima società (“Compagnia”) italiana e iniziarono a essere organizzate le prime competizioni, aperte a entrambi i sessi.
L’ARCO STORICO
Si ritiene che gli archi usati in Italia tra i secoli XIII e XV fossero essenzialmente di tipo semplice, cioè archi in legno e la Compagnia Arcieri dell’Oca ha scelto di tornare alle origini del tiro con l’arco, utilizzando questo tipo di Archi Storici medioevali ricavati da un’unica doga di legno, solitamente tasso, stagionata e lavorata secondo le tecniche degli antichi mastri arcai.
Per essere utile alla fabbricazione di archi da tiro, il legno doveva riassumere una serie di caratteristiche meccaniche ideali che consentivano all’attrezzo di immagazzinare energia e restituirla con efficacia sulla freccia, un’altra caratteristica essenziale era quella dell’affidabilità, ovvero della durata nel tempo delle prestazioni e dell’integrità dell’arma e quando il materiale era uno solo, come negli archi semplici in legno, questo doveva tollerare nel contempo forze talmente grandi che rischiavano di comprometterne l’utilizzo, ma millenni di sperimentazioni precedenti al periodo esaminato avevano portato gli artigiani europei a selezionare i materiali più idonei tra quelli disponibili in relazione alle tecniche e agli usi per cui l’attrezzo veniva costruito.
Dalla lavorazione di questi legni ne usciva un arco molto semplice, comunemente chiamato “longbow” (arco lungo), originariamente sviluppato dai Normanni nell’undicesimo secolo per poi prendere piede in Europa, memorabili sono state le vittorie riportate grazie al suo utilizzo degli arcieri inglesi sull’esercito francese come nella battaglia di Agincourt (25-10-1415) dove 5000 arcieri inglesi ebbero la meglio su un esercito di 25.000 uomini d’arme francesi.
Questi archi sono formidabili quando usate da arcieri altamente addestrati ma sono anche armi assai sensibili a tutte quelle che sono le variazioni climatiche dove la differenza tra il caldo e il freddo porta a modificare le caratteristiche di precisione e di potenza dell’arco stesso e dove l’esperienza dell’arciere, la conoscenza della risposta del proprio arco alle diverse temperature e condizioni atmosferiche sono tutto per un tiro corretto.
Le sue frecce, di legno di frassino o di betulla con punte d’acciaio di varia foggia, erano mortali a distanze di 150 – 200 metri e quando venivano scagliate a “pioggia” da addestratissimi reparti, seminavano morte e scompiglio nelle fila dell’esercito nemico. Si pensi che in una sola battaglia, potevano essere scagliate qualcosa come 300 – 350 mila frecce.
La lunghezza dell’arco non era standard, ma variava da pezzo a pezzo ed era pari generalmente, all’apertura delle braccia di un uomo che, per un uomo alto, corrisponde circa alla sua altezza.
La potenza era generalmente di 100 – 120 libbre (circa 45 – 55 Kg) più che sufficienti a forare anche le più dure corazze del 14° – 16° secolo. Il segreto di ogni buon arciere consisteva nella costante pratica con quest’arma, da ricordare che nella migliore delle ipotesi un tiro sbagliato significava nella migliore delle ipotesi “fame”, nella peggiore l’arciere non avrebbe avuto modo di pentirsene! L’insegnamento iniziava già dall’infanzia e i giovani arcieri incrementavano progressivamente la precisione di pari passo alla potenza dell’arco. D’altro canto, un abile arciere con il suo longbow era in grado con buona probabilità di trafiggere con una freccia un cervo al galoppo alla distanza di 60 metri e, se sbagliava il bersaglio, scoccare un’altra freccia contro la preda prima che fosse fuori tiro. Questo vantaggio nella rapidità di mira e tiro poteva essere utilizzata dall’arciere armato di longbow per la distruzione del singolo nemico a una distanza moderata, dai 70 ai 100 metri dall’arciere, o a una distanza maggiore nel caso di gruppi a cavallo o a piedi.
E’ un arco che è stato utilizzato sia a caccia che in guerra fino all’avvento dell’arma da fuoco nel sedicesimo secolo, ma il divertimento e le sfide garantirono che il suo utilizzo continuasse come sport.
All’utilizzo di questo tipo di arco la Compagnia Arcieri dell’Oca di Cagli affianca anche quello degli Archi Tradizionali, simili nella forma agli archi storici, ma indubbiamente più performanti, ricavati dall’unione di vari tipi di legno come l’olmo, il tasso, il frassino, dove tutte queste lamine, accoppiate tra di loro danno all’arco diverse caratteristiche di elasticità, resistenza, potenza e che, grazie anche all’utilizzo di sottili lamine di fibra sintetica trasparente donano all’arco maggiore velocità e potenza rispetto all’arco storico e soprattutto questo non modificherà le proprie caratteristiche dinamiche e di resa durante un utilizzo prolungato.

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Strada Pigno Monte Martello 82
61043 CAGLI, Italië
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agriturismo.vellaneta@gmail.com
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+39 - 0721 1830411
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Recensioni dei nostri ospiti
"Durante il nostro soggiorno da voi, abbiamo trovato tutto quello che desideravamo per una vacanza da sogno ......ma anche di più!
Il vostro posto è incantevole anche grazie alla vostra personalità e alla generosa vostra condivisione. Grazie! Arrivederci, e nel frattempo buona continuazione."
Jukka e Leonora, agosto 2024
"Vellaneta è stata davvero una fantastica scoperta. Casa bellissima, e padroni di casa squisiti! Abbiamo ammirato la natura, raccolto un sacco di more we fatto divertenti nuotate. Grazie dell'ospitalità, e ... forza Milan!"
Elisa, Ilaria e Raffaele, agosto 2022
"Non è necessario ripetere tutte le parole carine che già sono stati scritti dagli altri ospiti! Ma nostro soggiorno qui è stato molto speciale! Noi parliamo spesso di che cosa è stato più memorabile in questi giorni. Allora il nostro arrivo qui ed il modo in cui ci avete aiutato in mezzo al bosco, nel buio, con la pioggia e la paura di Clara, perché avevamo completamente sbagliato strada. Mille grazie per tutto! La casa è molto bella, ben arredata, la vista è meravigliosa, ma soprattutto voi siete "super"!
Thieu en Clara, ottobre 2021
"Data la levataccia, aimè, non credo che con queste parole riusciremo ad eguagliare quelle del somma poeta Leopardi. Ma ci teniamo comunque a ringraziarvi per la vostra splendida ospitalità, che per noi non è solo un luogo confortevole in cui soggiornare, splendidi tramonti e buon cibo da gustare, ma anche la capacità di farsi sentire a casa e di avere bei legami con tutte la "famiglia Vellaneta superando lingue e culture.
Un grazie speciale per aver reso questa manciata di giorni non un semplice soggiorno ma una vacanza con ricordi! Un abbraccio,"
"Vi ringraziamo per la splendida vacanza in un posto incantevole, pieno di natura, pace e spettacolari tramonti! Abbiamo visto farfalle, leprotti, caprioli, picchi, falchi e molte creature dei boschi!!! Jacqueline e Alessandro, siete ospiti accoglienti e ottimi ristoratori! Si respira tanto amore!"
Anna, Riccardo, Anita e Martino, agosto 2020
"La nostra vacanza è giunto al termine. Sette giorni sono a dir poco volati, tra città meravigliose, ma soprattutto tra cicale, tanto verde, pace e quiete. L'agriturismo Vellaneta garantisce tutto questo: cordialità, disponibilità, un luogo incantato tra i boschi, dove il tempo sembra fermarsi. Non manca nulla, staccare dalla frenetica vita quotidiana fa bene al corpo e all'anima.
Si respira armonia, con un leggero vento che è sempre pronto a rallegrarti le ore! Consigliatissimo, non si deve aggiungere altro. Speriamo un giorno di tornare nuovamente."
Alessandro e Simone, agosto 2019.
"Dopo una lunga ricerca su Internet di una struttura che risponderebbe alle nostre esigenze, il sesto senso ci ha guidato qui. Abbiamo trascorso una settimana immersi nel silenzio, bella quiete, nella serenità. La bellezza del luogo è incomparabile. L'accoglienza di Jacqueline e Alessandro è stato attento e discreto. Non abbiamo sentito il bisogno di altro. Per me è stato bellissimo! Speriamo di tornare presto. Grazie!!"
Roberta e Ermanno, agosto 2015